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logosmallnew.jpglogo_caffescienzamilano_4.gifMilano, 19 aprile 2007 ore 18
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'CAMBIAMENTO DI CLIMA, FATTI E DUBBI'
Prof. Guido Parravicini
(Dip. di Fisica - Università degli Studi di Milano)

Il cambiamento del clima è una costante del clima. Ma ora si afferma che esso è dovuto all’attività umana e che potrebbe avere un esito catastrofico. Ma sono certe queste affermazioni? E se non lo sono, sono almeno plausibili? Una chiacchierata per smitizzare alcuni timori.

Riferimenti bibliografici:
- A. N. Strahler, “Geografia Fisica” Ed Piccin
- Bjorn Lomborg, “L’ambientalista scettico” Mondadori
Scheda Bibliografica
Qualche considerazione sul tema del dibattito e altre fonti di informazione (a cura di D. Balboni)

Il dibattito sulle variazioni climatiche globali che attendono l’umanità del futuro è, in questi ultimi mesi, dominato dalla recente pubblicazione di due importanti rapporti dell’organismo internazionale IPCC, la Commissione Intergovernativa sui Cambiamenti Climatici dell’ONU, che ha riunito più di 500 delegati provenienti da 130 Paesi per presentare le sintesi degli ultimi sei anni di ricerche internazionali sul clima  [1-2]. Sembra proprio vi sia ormai un consenso scientifico (e di prese di posizione ufficiali) riguardo all’entità dei cambiamenti che potrebbero instaurarsi in maniera irreversibile sul nostro pianeta, sulle conseguenze sull’ambiente naturale, sulla sua abitabilità umana e sull’influenza delle attività dell’uomo come causa determinante di questi fenomeni.
Valutazioni scientifiche e previsioni di questo tipo non sono certo una novità e, rimanendo sempre nell’ambito dello stesso organismo internazionale, già nel 2001 l’IPCC si era espresso in tal senso, anche se in maniera meno ultimativa. Inoltre una vasta letteratura sia tecnica che divulgativa ha portato in maniera crescente negli ultimi anni all’evidenza pubblica i rischi di questo stato di cose e la responsabilità dell'uomo in essi [3] [4-5 sono solo alcuni dei libri in italiano più recenti].
Una lettura dei dati scientifici più tranquillizzante, e comunque meno conclusiva, è invece proposta da diversi altri autori [ad es. 6].

Questa difficoltà ad arrivare a risultati definitivi, anche al netto di valutazioni più legate al campo della politica e dell’economia, deriva dal fatto che la climatologia è una delle discipline scientifiche di maggiore complessità.
Se già per la ‘normale’ metereologia, che studia i fenomeni atmosferici a breve termine e a scale geografiche ridotte, vi sono delle sfide di modellizzazione e di calcolo intrinsecamente formidabili (esempio tipico delle scienze della complessità), la climatologia, ovvero lo studio e la previsione dei fenomeni a livello globale e sulla scala di tempi dell'ordine delle ere geologiche, vede coinvolte e correlate indagini di fisica, paleontologia, geologia, astrofisica, archeologia, biologia vegetale, con un abbondante ricorso a massicce dosi di simulazioni al computer, per arrivare a ricostruire un quadro esauriente della storia dei fenomeni atmosferici e delle interazioni con l’ambiente naturale nel suo complesso. Tuttavia, a differenza della metereologia per quale si riesce a prevedere a malapena il tempo della prossima settimana, sembra che le previsioni delle principali dinamiche climatiche future non siano altrettanto incerte.

Tra i quesiti più piccanti in questo stato di cose vi è la valutazione di quanto sia importante l’interazione tra queste dinamiche e l’intervento umano, in particolare il suo utilizzo delle risorse energetiche. E’ noto che l’influenza del clima sulla civiltà umana è sempre stata elevatissima. Mettendo in relazione le varie epoche storico-climatiche della terra (in particolare le glaciazioni) con l’evoluzione antropica dagli albori ai giorni nostri, si arriva  a trovarne una dipendenza fortissima: ad esempio alcuni storici arrivano a interpretare la formazione della città come un adattamento dell’umanità a condizioni climatiche più secche!.
Viceversa il riconoscimento dell’azione inversa, dell’uomo sul clima, è sicuramente cosa più recente e porta a delineare l’instaurarsi negli ultimi secoli di un’epoca geologico-ambientale denominabile ‘antropocene’, caratterizzata cioè da un’influenza determinante dell’intervento umano sul macroambiente e sulle sue dinamiche.

Una delle questioni lasciate aperte nel caffescienza del 24 novembre ( A carte scoperte sul tavolo dell’energia ) era il problema di un governo a livello planetario del consumo energetico e della tutela ambientale. Dai dati riportati era infatti apparso chiaro che l’entità dei fenomenti e la loro scala globale rende necessarie delle scelte coerenti tra tutti i paesi, laddove vi è al contrario l’assenza di istituzioni internazionali sufficientemente forti per ‘l’enforcement’ di politiche energetiche e ambientali (per non parlare di indirizzamento dei modelli di sviluppo e di consumo).
La società globalizzata tende in tutte le parti del mondo ad adottare modelli di consumo e di sviluppo ormai convergenti al cosiddetto modello occidentale. Se in un passato recente coesistevano assetti economici, produttivi e di modi di vita diversi (e in un passato più remoto vi erano delle culture che si rapportavano con l’ambiente e la natura con visioni differenti), oggi il modello appare indirizzato a una maggiore uniformità. Ciò, forse, può comportare un vantaggio di standardizzazione e quindi di maggiore facilità nel definire accordi internazionali nei confronti delle politiche e dei suoi parametri (vedi protocollo di Montreal 1987 e di Kyoto 1997) ma contemporaneamente pone dei grossi problemi di politica internazionale, come ad esempio principi di equità riassumibili nel concetto: ‘perchè alcune società che sono arrivate per prime a modelli di sviluppo energivori devono vedere garantiti nel futuro i livelli acquisiti e i nuovi paesi in via di sviluppo no?’. Anche in questo caso, come in questioni di politica più locale, vi sono problemi di ‘diritti acquisiti’ e di 'pari opportunità'!

Personalmente penso che la complessità dei fenomeni climatici, e la multidisciplinarietà associata delle scienze coinvolte per la loro comprensione, dovrebbero accrescere una forma di maggiore apprezzamento e ammirazione (indipendentemente da un eventuale ‘per chi’ o ‘per che cosa’…) e di rispetto nei confronti del mondo naturale che ci ospita. Una maggiore e diffusa conoscenza dei suoi meccanismi deve portare a scongiurare il rischio di disinteresse e di rimozione che potrebbe derivare da un certo senso di precarietà e di vulnerabilità, condizione esistenziale dell’uomo, e dall’imbarazzante sensazione che la nostra esistenza possa essere un castello di sabbia. E’ importante stabilire quanto esso sia distante dalla riva…

(Daniele Balboni)

[1] Richard A. Kerr, 'Global Warming Is Changing the World', Science, 13 Apr 2007, VOL 316
[2] www.ipcc.ch - Sito del 'Intergovernmental Panel on Climate Change' (IPCC) nel quale si possono trovare i rapporti. In particolare i seguenti 'Summary for Policymakers' (SPM's):
Climate Change: The Physical Science Basis (SPM2feb07)
Climate Change: Impacts, Adaptation and Vulnerability (SPM13apr07)
[3] Naomi Oreskes, 'The Scientific Consensus on Climate Change', Science, 3 Dec 2004, VOL 306
[4] Andrea Pinchera (2004), 'Ci salveremo dal riscaldamento globale?', ed. Laterza - Punti Interrogativi
[5] Tim Flannery (2005), 'I Signori del Clima', tr. ed. Corbaccio, 2006
[6] Bjorn Lomborg (2001), 'L’ambientalista scettico', ed. Mondadori
Inoltre:
) glossario dal sito www.ipcc.ch (utile anche per un esercizio multilingua!)

Molte altre indicazioni bibliografiche e indirizzi internet sono indicati nei seguenti dibattiti caffescientifici:

- Milano, 24 nov 2006, A carte scoperte sul tavolo dell’energia
- Firenze, 14 aprile 2005, Clima: quale futuro per la Terra?   ( resoconto dibattito, bibliografia e siti internet )
Di seguito vengono riassunti i libri in italiano:
- A. Giuliacci, 'I protagonisti del clima', Ed. AlphaTest
- M. Giuliacci, 'Il clima del Mediterraneo', come e perché è cambiato, Ed. Albatros
- A. Pinchera e A. Navarro, 'Il clima', ed. Laterza 2002
- Pascal Ascot, 'Storia del clima, dal Big Bang alle catastrofi climatiche', ed. Donzelli, 2004
- Gianfranco Bettin, 'Il clima è fuori dai gangheri', ed.Nottetempo, 2004.
- Enzo Tiezzi, 'Tempi storici, tempi biologici', ed. Donzelli, 2001
- A. Lanza, 'Il cambiamento climatico', ed. Il Mulino, 2000

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